
L’adeguamento dell’edificio storico a spazio per l’arte contemporanea è stato un esercizio critico sul tema del museo e sulla questione centrale del carattere dell’architettura. L’intervento svolto a fianco dell’artista Claudio Parmiggiani, ha riguardato una serie di aggiustamenti del restauro preesistente. Il progetto si preoccupa di recuperare l’identità originaria di questa architettura quasi nascosta dai lavori fatti, di levare, ridurre e limitare la presenza e l’intensità dei corpi illuminanti lungo il percorso espositivo. L’edifico ritrova se stesso attraverso l’eliminazione o il nascondimento della strumentazione tecnica e delle manomissioni spaziali e cromatiche. Una ricomposizione degli equilibri originali grazie ai quali, anche solo seguendo la sequenza delle sale, si sviluppa la grande qualità dell’esperienza percettiva in cui arte, città e architettura si tengono in una reciproca moltiplicazione di valore. L’apertura delle grandi finestre del palazzo (prima chiuse per creare un ambiente espositivo isolato dal contesto) riattiva non solo il rapporto con la luce ma anche la dialettica di relazioni visive e percettive con l’intorno. Il palazzo del Governatore è infatti una fusione di due tessuti medievali attestati sul limite del precedente vuoto del foro. La torre disegnata dal Petitot nel Settecento al centro della facciata costituisce la chiusura di uno stretto borgo urbano. La Galleria che ancora attraversa il centro del palazzo è la memoria di questa strada. Il palazzo è città ricomposta ad architettura e mantiene i caratteri e i valori spaziali di quella articolazione morfologica. Lo spazio centrale è, ai vari livelli, una saldatura atipica di due palazzi ordinata secondo il sistema dell’infilata o dei corridoi interni. Dai diversi punti di questa ricomposizione architettonica si aprono scorci sul palazzo del Comune, fondale architettonico della piazza Garibaldi da un lato, sulla piazzetta posteriore e sul suo monumento principale la Steccata cinquecentesca dall’altro.
Comune di Parma
Parma, 2009
Fotografie di Lucio e Silvia Rossi