Dialogo di Dario Costi con Francesco Manfredi professore ordinario di Economia aziendale e Prorettore dell’Università LUM

Manfredi
Dialogo di Dario Costi con Francesco Manfredi professore ordinario di Economia aziendale e Prorettore dell’Università LUM
15 aprile 2025

D: La rigenerazione urbana permette di aumentare il livello delle 5 dimensioni della sostenibilità, tra cui quella economica. Come può raggiungere tale obiettivo?

 

 

R: Oggi, la sfida di riposizionare e innovare i settori economici coincide con quella di affiancare alla prospettiva settoriale/funzionale, tipica dei modelli economici tradizionali, la prospettiva territoriale, in una visione olivettiana dei sistemi, andando a ridisegnare dei neo-ecosistemi basati; come sostiene G. Becattini, su quell’“intimità dei nessi” che precede e supporta l’ “intimità degli scambi”.

 

Coerentemente con questi assunti, è possibile identificare un nuovo modello economico con un maggior livello di sostenibilità, definibile “economia dell’appartenenza” perché basato su quell’insieme di relazioni territoriali e comunitarie mutuamente supportantesi e immediatamente disponibili, e su quel sistema di valori comuni, di simboli, di saperi, di culture e di stili di vita, di caratteri, di tradizioni e di risorse, a volte latenti, che, fungendo da ponte tra i soggetti, permettono di rendere efficaci, efficienti e duraturi anche gli ambiti relazionali creati per finalità economiche.

 

Un modello che non è sostitutivo ma aggiuntivo a quelli esistenti e che, accettando le nuove sfide competitive, appare in grado di generare una reazione sistemica a livello comunitario, affrontando proattivamente il cambiamento, gestendo le relazioni e gli scambi in modo consapevole e responsabile e riducendo il ruolo e l’impatto delle vecchie strutture e dei vecchi processi.

 

Si tratta di un processo di rigenerazione di talune dinamiche economiche, che, come i tradizionali processi di rigenerazione urbana e comunitaria, mira ad aumentare il livello di sostenibilità economica di un territorio coerentemente con la sua necessità di aumentare contestualmente anche i livelli di sostenibilità istituzionale, sociale, ambientale e del disegno urbano.

 

Anche le PA, dal canto loro, non possono sottrarsi all’esigenza di supportare la valorizzazione delle dinamiche imprenditoriali sostenibili, dei nuovi modelli di imprenditorialità responsabile, della produzione e del trasferimento di conoscenza, delle nuove professionalità e professioni, delle attività con un elevato potenziale di socializzazione e integrazione oltreché economico e tutto questo può avvenire orientando i processi di rigenerazione urbana anche verso questi obiettivi. 

 

 

D: Nello specifico dei processi rigenerativi cosa devono fare le PA?

 

 

R: A fianco della riqualificazione e rifunzionalizzazione di contesti urbani sottoutilizzati o non più utilizzati, come i vecchi distretti industriali, o che hanno perso la loro attrattività e potenzialità in termini di generazione di valore economico, come le aree del commercio di vicinato in talune zone urbane, si devono supportare le vecchie e le nuove attività imprenditoriali, da un lato, aumentando il livello di consapevolezza comunitaria degli imprenditori e, dall’altro, fornendo opportunità e servizi innovativi per lo sviluppo di nuove strategie e di nuovi business. 

 

Anche per cogliere pienamente quest’ultimo obiettivo, un’attenzione particolare deve essere posta sul supporto alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese, che in molte realtà si realizzano attraverso incubatori e acceleratori d’impresa di nuova generazione, e sull’individuazione delle nuove professionalità e professioni o sulla ridefinizione delle caratteristiche delle professionalità e professioni esistenti.

 

In questo modello, l’economia dell’appartenenza, definita nella prospettiva territorialista e fortificata dalle strategie di rigenerazione urbana comprese quelle sulle altre dimensioni della sostenibilità, favorisce lo sviluppo e porta a sintesi le più innovative e importanti prospettive economiche moderne.

 

Senza pretesa di esaustività, se ne ricordano qui le principali: 

 

·        l’economia delle esperienze, ossia di quegli eventi/servizi/prodotti unici ed irripetibili, quindi memorabili, che coinvolgono il consumatore nell’atto stesso del consumo permettendone la massima personalizzazione e quindi desiderabilità;

·        l’economia circolare, data la vicinanza fisica e la condivisione emotiva dei soggetti coinvolti e la maggior facilità di prestare e riutilizzare a livello territoriale (la lezione dei consorzi, dei distretti e delle reti);

·        la sharing economy, per distribuire in modo più efficiente e sostenibile beni e servizi;

·        l’economia dei beni comuni, che sono valorizzati anche nella prospettiva di generare nuovi servizi, nuove attività, nuovi beni e quindi un indotto di tipo economico;

·        l’economia agricola urbana, che genera non solo un impatto economico e occupazionale, ma rafforza anche l’attrattività territoriale, garantisce la tutela del territorio, promuove la salute, la sicurezza degli alimenti, la tipicità delle produzioni, l’educazione alimentare lungo tutta la filiera. Le imprese agricole possono generare nuovi servizi di agriturismo e accoglienza, garantiscono la tutela dei paesaggi e degli ambienti, agiscono per la loro manutenzione e tutela; infine promuovono servizi di pubblico interesse quali quelli didattici e naturalistici, per l’inclusione e il benessere sociale, le attività sportive nella natura;

·        la green economy, accelerando il processo di transizione ecologica visto che i soggetti al centro dei processi produttivi sono anche residenti nella comunità in cui essi avvengono e mostrano una crescente attenzione all’impatto ambientale dei processi di produzione e consumo;

·        la blue economy, che permette di utilizzare le risorse marine garantendone la rigenerazione e tutelandone la diversità e producendo un impatto ambientale positivo sugli oceani e i mari;

·        l’economia dei servizi eco-sistemici, ossia di quel flusso di attività che collega gli ecosistemi ai sistemi socio-economici e che genera benefici sia di tipo ambientale che di tipo economico per le comunità coinvolte;

·        l’economia culturale e creativa, che mette a valore il patrimonio storico-culturale generando innovazione e nei processi di ideazione, creazione, produzione, diffusione e conservazione dei prodotti culturali;

·        gli investimenti finanziari di soggetti che ricercano territori già “a valore” e nei quali la qualità della vita da un lato e la brand reputation dall’altro sono elevate.

 

 

D: Se queste sono le strategie di un progetto di rigenerazione urbana orientato anche ad aumentare il livello di sostenibilità economica del territorio, quali azioni specifiche si possono individuare?

 

 

R: La sostenibilità economica della rigenerazione comunitaria è, come detto, legata a un nuovo approccio di attivazione/riattivazione economica che parte dalle caratteristiche del tessuto formale e informale esistente e individua strategie, contesti e opportunità di sviluppo delle ampie e moderne dinamiche dell’economia dell’appartenenza.

 

L’attivazione/riattivazione economica deve adottare una prospettiva multipla e sistemica: sviluppo di nuove professionalità e competenze, creazione di posti di lavoro locale, produzione di know-how selettivo, sostegno alla creazione di micro/piccole imprese anche da parte di soggetti potenzialmente svantaggiati (donne, immigrati), sviluppo dell’economia sociale, attivazione di servizi innovativi e di sistemi commerciali integrati e diffusi, attrazione di investimenti qualificati.

 

In particolare, i distretti produttivi e i distretti commerciali possono rappresentare sistemi aperti e innovativi di valorizzazione e di riequilibrio territoriale, che mettono al centro il lavoro e le relazioni come efficaci fattori di unione in grado di proporre alcuni temi-catalizzatori e di innescare nuovi flussi sociali, culturali ed economici; spazi in cui il processo di rigenerazione riesce a fare delle attività economiche il fattore d’integrazione, coesione sociale e valorizzazione di tutte le risorse territoriali disponibili operando secondo una modalità d’intervento integrata, condivisa e concordata tra i diversi attori locali.

 

L’analisi dei casi europei inerenti i processi trasformazione dei quartieri industriali dimostra che le esigenze spaziali delle attività economiche sono cambiate negli ultimi decenni, poiché la terziarizzazione dell’economia e la delocalizzazione di talune produzioni hanno spostato l’attenzione dal tema della quantità degli spazi a quello della loro qualità e integrazione.

 

L’analisi dei processi di riprogettazione integrata, di organizzazione strutturata e di valorizzazione delle attività commerciali dimostra la loro capacità di impattare positivamente sugli obiettivi di tutela e miglioramento degli spazi urbani di socializzazione, sulla loro abitabilità e sicurezza, sull’equilibrio sociale potenziando il valore economico e relazionale del contesto e garantendo la tutela della sua identità storico-culturale e la sua fruibilità.

 

In ultima analisi, strumenti e azioni efficaci per raggiungere l’obiettivo di sviluppare centralità urbane attraverso il ridisegno degli ambiti produttivi e commerciali si sono, ad esempio, dimostrati:

 

  •         la mixitè funzionale per stimolare e supportare lo sviluppo di attività socio-economiche a valore aggiunto;
  •         il supporto alla creazione o accelerazione di start up per la produzione di beni e servizi innovativi o che rinnovano beni e servizi tradizionali;
  •         il supporto alla creazione di reti d’impresa per valorizzare il tessuto delle piccole imprese e permetterne uno sviluppo anche esogeno al territorio;
  •         le infrastrutture digitali e le piattaforme per l’accesso inclusivo alle attività di innovazione;
  •         la realizzazione di spazi per fornire servizi innovativi per le attività imprenditoriali e professionali (living labs, coworking, laboratori di ricerca);
  •      i centri commerciali naturali per garantire un’organizzazione strutturata e integrata in grado di valorizzare la dimensione economica e di produrre esternalità positive nel contesto;
  •         la valorizzazione degli spazi semipubblici, ossia gli spazi privati con valore pubblico (le vetrine dei negozi, le facciate e i balconi degli edifici.