Palazzo del Governatore
adeguamento museale
MUSEO, CITTÀ, ARCHITETTURA.
Camminando con Claudio Parmiggiani
Ho avuto la fortuna di accompagnare Claudio Parmiggiani in una silenziosa e laboriosa opera di recupero di un'architettura alla sua identità.
Mi riferisco al lavoro svolto dallo studio in occasione dell'adeguamento del restauro del Palazzo del Governatore a fini espositivi svolto sotto la sua supervisione nel corso del 2009.
In una serie di successivi sopralluoghi abbiamo semplicemente ascoltato le sue considerazioni e condiviso le scelte.
L'adeguamento del restauro del Palazzo del Governatore per l'arte contemporanea è stato così l'occasione e il pretesto per raccogliere e rielaborare alcuni pensieri di portata più generale.
L'arte (come l'architettura) non ha bisogno di artificio.
Qualsiasi sovrapposizione di intenzione è una manomissione.
L'artista ha sempre dipinto col massimo della luce naturale.
L'opera che nasce nella luce naturale non tollera variazioni non previste.
Cadono in quest'ottica tutte le complicate e commerciali interpretazioni sui sistemi illuminotecnici, ottiche, puntamenti, proiezioni luminose e il nostro ruolo ritorna ad essere quello di semplici organizzatori dello spazio e di custodi delle opere.
La luce delle giornate con la sua variabilità stagionale e giornaliera accompagnano il visitatore introducendo differenze "naturali" di percezione.
Da qui la rimozione di tende avvolgibili che riquadravano le grandi finestre settecentesche disegnate dal Petitot e l'apertura delle loro grandi ante a recuperare un rapporto diretto con il giorno.
La necessaria luce artificiale deve sostituire quella naturale senza stabilire nuove gerarchie, differenze di piani e centralità improvvisate.
Il nostro intervento è stato semplicemente quello di levare, ridurre, limitare la presenza e l'intensità dei corpi illuminanti lungo il percorso espositivo.
E di tenerli spenti per tutta la giornata.
L'apertura delle grandi ante del palazzo riattivano non solo il rapporto con la luce ma anche la dialettica di relazioni visive e percettive con l'intorno.
Al valore della mostra si integra quello della percezione della città e di alcuni dei suoi più importanti monumenti.
Il palazzo del Governatore è, infatti, la fusione di due tessuti medievali attestati sul limite del precedente vuoto del foro.
La torre disegnata dal Petitot nel Settecento al centro della facciata costituisce la chiusura di uno stretto borgo urbano.
La Galleria che ancora attraversa il centro del Palazzo è la memoria di quella strada.
Il palazzo è città ricomposta ad architettura e mantiene i caratteri e i valori spaziali di quella articolazione morfologica.
Lo spazio centrale è, ai vari livelli, una saldatura atipica di due palazzi ordinata secondo il sistema dell'infilata o dei corridoi interni.
Dai diversi punti di questa ricomposizione architettonica si aprono scorci sul palazzo del Comune , fondale architettonico della piazza Garibaldi da un lato, sulla piazzetta posteriore e sul suo monumento principale - la Steccata cinquecentesca – dall'altro.
La sala d'angolo che si affaccia su di essa è una straordinaria occasione espositiva per le numerose aperture luminose e per la possibilità di ritrovarsi insolitamente a pochi metri da questa architettura leonardesca.
Salire significa leggere i diversi elementi dello sviluppo verticale della pianta centrale
La variazione di punto di vista avvicina l'occhio dapprima alla massa muraria mossa dalla dialettica dei volumi e poi, salendo, al coronamento di sculture e parapetti in marmo che circondano la cupola.
La torre dell'orologio è un'altra emozionante occasione percettiva.
Il blocco murario necessario a rafforzare la struttura di sostegno viene bucato diagonalmente da una prospettiva stretta.
Il passaggio minimo al balcone centrale termina con una cornice che stabilisce una soglia alla scala umana sulla piazza.
Una sorta di inconscio e delicato inquadramento dello sguardo su alcuni dettagli del palazzo comunale.
L'edificio ritrova se stesso attraverso l'eliminazione o il nascondimento della strumentazione tecnica e delle manomissioni spaziali e cromatiche.
Una ricomposizione degli equilibri originali in cui la sola spazialità delle sale e la loro sequenza definisce la qualità dell'esperienza percettiva in cui arte, città e architettura si tengono in una reciproca moltiplicazione di valore.
Questo paziente ripristino sollecita una riflessione radicale non solo sul tema del restauro ma anche, sul progetto d'architettura nel suo complesso.
Funzione (museo) relazioni (città) e assetto spaziale (architettura) sono i tre livelli di interazione attraverso cui prende forma il progetto come sintesi di diversi sistemi di valori.
Tre centri di attenzione che rappresentano i riferimenti per comprendere ed interpretare la complessità e una presa di valore con distanza dalle molte possibili distorsioni.
Una stretta su di questioni fondative che richiede una rigorosa e disciplinata azione di coerenza con l'obiettivo della nostra azione.
Una riflessione sul senso del progetto e sulla ragione della forma per la quale dobbiamo rendere grazie a quelle intense passeggiate con Claudio Parmiggiani e alla numerose soste di contemplazione alle diverse quote e nei vari punti del museo, della città, dell'architettura.
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